Confindustria Ceramica

Fabio Tarozzi_ACIMACdi Andrea Serri06   Agosto   2014

Tarozzi: "L'investimento in nuove tecnologie è basilare"

Come sta andando il settore della meccanica per ceramica?
“L’aumento del fatturato complessivo - dichiara Fabio Tarozzi, presidente di Acimac -  deriva da esportazioni che hanno più che compensato il calo della domanda interna, la cui flessione origina anche dalla contrazione della capacità produttiva. Credo che l’industria ceramica italiana debba investire nel rinnovamento degli impianti, perché una linea di 15 anni fa è oggi totalmente obsoleta: sono cambiati i formati di riferimento, i consumi energetici specifici, le tecnologie di processo. In questo c’è anche il tema della copertura finanziaria degli investimenti, dove tutti gli sforzi degli impiantisti non possono sostituirsi ad un sistema bancario compresso tra stretta creditizia e "merito di credito". Fatte queste premesse, a mio parere Sassuolo sta investendo meno di quanto dovrebbe. Diversamente in Spagna dove la cura dimagrante è stata particolarmente drastica, ha portato a chiusura di diverse fabbriche con diretti problemi occupazionali, ma dove chi è rimasto ha beneficiato delle quote lasciate libere investendo massicciamente in tecnologie. Oggi la Spagna, che ha un posizionamento di prodotto diversissimo da Sassuolo, è però molto competitiva sui costi di produzione”.

Quali riscontri arrivano dai mercati non domestici?
Abbiamo la ‘la torta ideale’: Asia, Medio Oriente, Nord Africa, America Latina a cui si affianca la Cina, dove stiamo incrementando i fatturati, assorbono tutte una quota molto simile tra loro. Il dato cinese è particolarmente importante perché per noi vuole dire ‘vincere fuori casa’ , un risultato possibile grazie alla nostra superiorità sul piano tecnico, nella competitività sui prezzi ed in un servizio locale molto forte. Questa combinazione di fattori è importante nei cluster di Sassuolo e a Castellon, ma ancora di più all’estero”.

Qual'è l'agenda che il suo settore fa al Governo?
“Acimac, che oggi è ‘gemellata’ con Ucima – l’Associazione che riunisce i produttori di impianti per il packaging, settore di tre volte più grande rispetto a quello della meccanica per ceramica –, rappresenta un'eccellenza italiana ampiamente sottovalutata dalle politiche industriali italiana, sempre che in Italia esistano politiche industriali. Le esigenze principali sono di accompagnare e sviluppare  l'export extracomunitario, che reputiamo essere il driver principale del fatturato anche per i prossimi anni. L'Italia è un paese che sa né fare sistema, né politica industriale, dove il localismo impera e l’efficacia dell’azione latita. La promozione commerciale, la capacità di presidiare alcuni settori strategici tecnologici, la formazione, la capacità di creare la ricerca e di formare competenze tecniche adeguate all'interno del paese sono tutti aspetti importanti ma carenti, a cui si affianca l’assenza di incentivi fiscale per l’internazionalizzazione e le esportazioni. Credo che il nostro Paese dovrebbe chiedersi quali siano i propri settori strategici, quelli su cui investire. Nelle produzioni a basso costo non c’è spazio, che invece esiste nei beni strumentali, comparto in cui il nostro paese può essere competitivo a lungo termine”.

Sul palcoscenico di Tecnargilla quali saranno le tecnologie più innovative?
“Al Tecnargilla l’energia è tra i principali temi, dove c’è ancora molto da fare verso una manifattura ceramica "energivora" efficiente, in grado di essere nello stesso tempo più rispettosa dell’ambiente, capace di far produrre a prezzi più bassi - sia in termini di combustibili utilizzati che di energia necessaria per unità di prodotto.
Il secondo aspetto sarà la creazione di valore aggiunto del prodotto finito, driver trasversale alle epoche e alle tecnologie, sia dal punto di vista delle decorazioni che del sistema di produzione, condizione che sta portando a nuove generazioni di inchiostri e di testine di stampa. A questo si affianca la finitura superficiale del pezzo, dove incisione, taglio e rettifica svolgono una funzione fondamentale nel miglioramento estetico del prodotto.
Terzo tema è sicuramente quello dei formati e della versatilità produttiva. Tecnologie che permettano di produrre lastre da tagliarsi, in crudo o cotto, in sottomultipli unito alla versatilità sul cambio prodotti e sul cambio formati, sono richieste dei nostri clienti in tutto il mondo, dove il lotto minimo è calato anche nei paesi cosiddetti emergenti”.

Quale ruolo svolge Tecnargilla nel panorama internazionale?

“Tecnargilla è la fiera di riferimento ed esiste, forse, solo il Ceramics China che può ambire a competere, nel lungo termine, con la nostra. Ceramics China è una fiera diversa, sia per l’annualità, sia perché meno legata alla presentazione della piastrella ceramica come prodoptto finito. Le altre fiere sono appuntamenti minori, locali. Tecnargilla, che assiste ad un costante aumento degli espositori stranieri in grado di trainare anche i visitatori professionali esteri, ha battuto la Fiera di Monaco di Baviera considerata solo quindici anni fa un riferimento assoluto per la tecnologia ceramica, ed ora ridotta ad appuntamento di nicchia per settori in gran parte già ben rappresentati a Tecnargilla. L'altra fiera è il Cevisama, unica che poteva riprodurre un sistema di tecnologia focalizzata in un distretto ceramico, ma che però non hanno sviluppato. Il modello italiano, con la sua sinergia tra il mondo tecnologico e quello produttivo della ceramica, fa rimanere Tecnargilla unico al mondo”.

Quali macro fenomeni caratterizzeranno l’industria della meccanica per ceramica nel futuro?
“Vedo tre macro fenomeni emergenti nei prossimi cinque - sette anni. Uno sarà il consolidamento del settore, sia a livello dei "player" ceramici che di fornitori di tecnologia, legato sia al passaggio generazionale che alla dimensione minima necessaria per avere aziende efficaci ed efficienti. 
Un altro aspetto riguarda l'occupazione in Italia, che nel nostro settore non è calata nonostante gli investimenti fatti in internazionalizzazione in mercati importanti fuori dall'Europa. Questo deriva dal fatto che le nostre competenze sono ben radicate in questo cluster, mentre penso che per la maggior parte dei produttori ceramici italiani sarà importante produrre vicino ai mercati di sbocco, andando a costruire nuove fabbriche all’estero”.