Confindustria Ceramica

forno-energia-gasdi Nicola Tedeschini15   Dicembre   2017

Il caro-energia che attanaglia il Sud Europa

Un dossier della Commissione Europea evidenzia i differenziali di  prezzo su gas ed energia elettrica

I produttori ceramici europei pagano il gas 4,6 volte tanto i gruppi russi attivi nel settore, mentre per l’elettricità il rapporto è di 2,5. E pure le imprese statunitensi del settore godono di approvvigionamenti meno cari di quelli dei concorrenti del Vecchio Continente, rispettivamente del 35% (per il gas) e del 13,9% (per l’elettricità). Le comparazioni che avete appena letto provengono direttamente da Bruxelles, da un rapporto sulle industrie energivore redatto dalla Commissione Ue prima della presentazione del Clean Energy for all Europeans , un pacchetto di misure finalizzate a incentivare l’uso di fonti pulite.
Il dossier della Commissione UE è basato, per l’Europa, su un campione di 22 stabilimenti (più ristretto solo per una parte delle rilevazioni). Sebbene le percentuali sopra citate si riferiscano nello specifico al 2015, non vi è motivo di ritenere che la situazione sia di molto cambiata in seguito. Al contrario, è acclarato che nei sette anni precedenti, per i “produttori di piastrelle per muri e pavimenti” (questa la classificazione ufficiale nella nomenclatura dell’Ue), i prezzi delle forniture sono rimasti stabili o addirittura andati in impennata, mantenendosi sempre (in media) pari almeno alla metà dell’Ebitda e al 20% del monte complessivo dei costi di produzione.
La situazione è un po’ paradossale, dato che quel periodo ha coinciso con la recessione internazionale a doppia mandata (double-dip), e ha visto banche centrali e governi lottare con i denti contro il pericolo deflazione. Inoltre, i mercati europei dell’energia hanno registrato da un lato importanti passi avanti nei processi di liberalizzazione, almeno in via teorica anch’essi forieri di abbassamenti dei prezzi (si pensi solo, in Italia, alla separazione tra Eni e SNAM). Dall’altro lato, distretti come quello sassolese hanno continuato a investire nell’efficientamento energetico delle fabbriche.
 

Il punto, allora, è il seguente: con la grande crisi, e forse a dispetto di essa, nel Vecchio Continente le aziende ceramiche hanno dovuto affrontare l’ascesa dei gravami accessori degli approvvigionamenti energetici (non-energy components). Questi consistono nei costi di rete e di trasporto, nelle tasse e nei balzelli parafiscali (nell’analisi non è computata l’Iva). Nel solo caso dell’elettricità, si sommano gli oneri per il sostegno alle rinnovabili.
Per quanto concerne il gas naturale, nel 2008 un megawattora europeo si pagava in media 29,7 euro, a fronte di un costo “netto” della materia prima di 27,9. Nel 2015, gli stessi indicatori erano pari rispettivamente a 29,9 e 27,2 euro: ciò significa che l’incidenza dei costi supplementari è passata da circa il 6% a oltre il 9% del prezzo medio finale, il quale solo nel 2012 è in maniera sostanziosa calato sotto la soglia dei 30 euro.
Ancora più distonica la situazione dell’energia elettrica: prima della crisi, un megawattora valeva “al grezzo” 72,1 euro, mentre dopo ha ballato tra i 58 e i 62 euro; una sola l’eccezione, relativa al 2013, quando un temporaneo rimbalzo verso l’alto (68,1 euro) non ha tuttavia significato il ritorno ai livelli pre-recessione. Per quanto concerne il costo medio totale, se nel 2008 esso era pari a 93,5 euro, sette anni dopo faceva segnare 104,7 euro. Di questi, ben 43,8 erano attribuibili agli oneri complementari, che hanno pertanto raggiunto un’incidenza del 42% sul valore finale delle forniture.
 

Come prevedibile, il quadro è ancor più interessante se si approfondisce ulteriormente l’analisi, dividendo in due il Vecchio Continente. Riguardo il metano, per le ceramiche dell’area centro-orientale la quotazione di un megawattora si è assestata, tra 2014 e 2015, ben al di sotto dei 28 euro, mentre per quelle dell’area meridionale si è mantenuta sopra la soglia dei 30. Tale gap, certo, è dovuto in buona parte ai differenti costi “al nudo”; ma, se è vero che il trasporto è più caro per i produttori di piastrelle mitteleuropei, è parimenti innegabile che quelli residenti al di sotto delle Alpi affrontino oneri fiscali già saliti in prossimità del 2,5% sul prezzo finale, contro lo 0,8% appena del resto d’Europa.
Il divario “interno” è via via divenuto ancora più impietoso, infine, per l’elettricità. Nell’Europa del Sud la materia prima, pur a fronte del trend discendente di cui si è già parlato, si è sempre mantenuta sensibilmente più salata rispetto alla zona centro-orientale. In aggiunta, le fabbriche di piastrelle del settore meridionale, nel 2015, dovevano pagare in media 45,2 euro di oneri supplementari per megawattora, contro gli appena 32,4 euro del resto del Continente. Sette anni prima, gli stessi indicatori erano pari rispettivamente a 21,6 e 19,8 euro: è evidente, insomma, come la moltiplicazione dei costi accessori abbia avuto una velocità decisamente maggiore nei Paesi mediterranei.


NOTA
Il 30 novembre 2016 la Commissione europea ha pubblicato il pacchetto Cleaan Energy for all Europeans, che come obiettivo prioritario persegue “un’offerta equa per i consumatori di energia”. Tra l’altro, il pacchetto contiene una Relazione sui prezzi e i costi dell’energia in Europa (COM (2016) 769) e un documento di lavoro dei Servizi della Commissione (Staff Working Document, SWD (2016) 420), che raccoglie i risultati degli studi della Commissione sui prezzi e i costi dell’energia.