Confindustria Ceramica

Analisi di laboratorio - Centro Ceramicodi Thomas Foschini14   Dicembre   2018

Con il silicato di zirconio, il super-bianco è più "green"

Pubblicati i risultati del primo studio comparativo LCA (life cycle assessment) che mette a confronto allumina e silicato di zirconio nella preparazione impasti

L’utilizzo del silicato di zirconio al posto dell’allumina per la produzione di impasti ceramici finalizzati alla realizzazione di piastrelle super-bianche (L>85 nello spazio colore CIE Lab) riduce molti degli impatti ambientali della produzione. È questo il risultato del primo studio comparativo secondo la metodologia LCA (life cycle assessment), commissionato dalla Zircon Industry Association (ZIA) e realizzato da thinkstep Italia in collaborazione con il Centro Ceramico di Bologna, revisionato da un panel di esperti internazionali indipendenti.
“Nello specifico – spiega l’ing. Andrea Morfino, di thinkstep Italia – lo studio prevedeva due step. Il primo, un’analisi LCA del silicato di zirconio nell’ambito dell’industria mineraria. Secondo aspetto, nella sua applicazione in ceramica quale agente sbiancante e la comparazione con il suo principale competitor, l’allumina (ricavata dalla bauxite attraverso un processo di raffinazione chimica)”.
L’analisi è stata realizzata utilizzando un precedente studio LCA dell’EA (European Alluminium, per la parte di dati sulla produzione di allumina). L’intero studio è conforme alla normativa internazionale ISO: “Quale ulteriore garanzia dell’attendibilità della ricerca, la normativa prevede in caso di analisi comparativa la valutazione da parte di una commissione indipendente, composta da tre dei massimi esperti nel campo dell’LCA, applicata all’industria mineraria e ceramica”.
 

Prima di parlare di risultati, bisogna intendersi sul concetto di LCA, una metodologia regolata dagli standard internazionali ISO 14040 e ISO 14044 che consente la valutazione oggettiva del potenziale impatto ambientale di un processo “from-cradle-to-grave”, dalla culla alla tomba oppure come in questo caso al “cancello”, la sua applicazione nelle industrie ceramiche. L’analisi tiene conto non soltanto dei costi ambientali di estrazione e raffinazione della materia prima ma, anche, delle ripercussioni che l’uso di un determinato componente o dell’altro ha sulla “mixture” di materiali che vanno a comporre l’impasto (e relativa valutazione di impatto ambientale).
“Nell’analisi LCA il confronto acquisisce senso esclusivamente a partire dalla funzione del prodotto o servizio analizzato. Per questo si fonda su unità funzionali che non sono un mero ‘numero’ ma bensì una definizione, che comprende variabili di quantità, qualità e se necessario anche temporali”. Entra qui in gioco la collaborazione con il Centro Ceramico, con cui sono state definite le diverse ricette di impasti da considerare ai fini dello studio: “Abbiamo fatto riferimento – spiega Maria Chiara Bignozzi, direttore del Centro Ceramico – alla realizzazione di un prodotto in grès porcellanato a tutta massa che presenti un livello di luminosità del colore (L nella spazio colore CIE Lab) maggiore di 85”, il cosiddetto super-bianco. “Sono stati indicati – prosegue il direttore del Centro – i dosaggi normalmente utilizzati, anche sulla base di interviste realizzate presso le aziende, ricavando 3 diverse ricette a base di sabbia zirconifera ed altrettante a base di allumina”.
Diverse le cautele da adottare in questa fase, visto che le ricette “effettive” in uso nelle aziende devono anzitutto tenere conto del grado di purezza delle diverse materie prime. Stando comunque ai casi considerati (ed al netto, precisa Bignozzi, di una certa variabilità nelle condizioni d’uso reali) si osserva ad esempio che l’utilizzo prevalente del silicato di zirconio al posto dell’allumina comporta una riduzione della quantità di feldspati nel processo, dato il diverso comportamento tra le due sostanze all’interno del forno dovuto alla loro differente granulometria. “Quello che non è scontato è stabilire oggettivamente le ripercussioni che questo può avere dal punto di vista LCA – esemplifica Andrea Morfino di thinkstep – e si tratta solo delle prestazioni ambientali in fase applicativa, senza tenere conto delle fasi di estrazione e raffinazione”.
Andando con ordine nella presentazione dei principali stadi e risultati dello studio, thinkstep ha raccolto i dati primari considerando la produzione globale di silicato di zirconio (i dati presi in esame “coprono” oltre il 77% della produzione mondiale). La principale voce di consumo dal punto di vista LCA in fase estrattiva è, per il silicato di zirconio, la voce elettricità, sino a comprendere una modesta quota di combustibili fossili (metano) durante il processo di raffinazione che consiste, sostanzialmente, in un processo di separazione meccanica.
 

Tali dati sono stati inseriti nel modello LCA creato ad hoc utilizzando il software di life cycle engineering GaBi e integrandoli con i dati restituiti dalle ricette di impasto definite con il Centro Ceramico. Primo output dello studio, le performance ambientali di 1 kg di sabbia zirconifera. “A questo punto – osserva l’ing. Morfino – abbiamo ripreso i dati LCA sull’allumina, inserendoli nel modello facendo attenzione a replicare le stesse condizioni d’uso, un passaggio essenziale dal punto di vista dell’attendibilità della comparazione”.
I risultati si possono riassumere in una serie di indicatori e valori percentuali, in termini di impatti ambientali potenziali comparati, sigle che accomunano dal punto di vista metodologico ogni analisi di life cycle assessment. Tra i principali, vi sono gli impatti dal punto di vista dell’effetto serra (GWP), dell’acidificazione dei suoli e delle acque (AP), eutrofizzazione (EP), buco nell’ozono (ODP), smog (POCP), consumo primario di energia (PED), consumo di acqua (WC), consumo di risorse abiotiche (ossia inorganiche, ADPe), consumo di combustibili fossili (ADPf).
“In tutte le ricette considerate, abbiamo riscontrato valori relativi di impatto ambientale potenziale degli impasti per super-bianco a base di sabbia zirconifera minori rispetto a quelli riscontrati nelle ricette a base di allumina”. Su tutti l’ADPe (risorse abiotiche) minore di oltre il 50%, mentre gli altri indicatori presentano differenze relative comprese tra il 20 e il 22%.
Perché? Il primo, e percentualmente più impattante, riscontro emerge nelle fasi mining-refining (estrazione e raffinazione). “A differenza del silicato di zirconio, che si può estrarre e successivamente raffinare tramite un semplice processo di separazione meccanica ed eliminazione delle impurità, l’allumina non si trova direttamente disponibile all’uomo in natura. Per ottenerla è necessario estrarre prima la bauxite (una roccia sedimentaria) e sottoporla ad un vero e proprio processo di raffinazione e purificazione chimica, noto come processo Bayer, che impone l’utilizzo di quote rilevanti di risorse ed elementi quali combustibili fossili complessi, idrossido di sodio, ossidi di calcio, ecc”.
Ecco spiegata la riduzione più che proporzionale della gran parte degli indicatori ambientali: “Prendiamo ad esempio l’acidificazione delle acque o il global warming. Dal punto di vista LCA queste variabili sono influenzate più dal processo di estrazione e lavorazione della materia prima che dal suo trasporto”. Detto in altre parole, sono le emissioni dei combustibili fossili usati in fase di raffinazione a contribuire massimamente al global warming, e i sottoprodotti generati alle cosiddette “piogge acide” responsabili dell’acidificazione delle acque e dei suoli.
Andando a valle dello studio, ritorna il tema chiave della “mixture”, parte integrante della valutazione LCA. Sotto il profilo applicativo, l’utilizzo ridotto di feldspati nelle ricette a base di silicato di zirconio riduce l’impatto ambientale del processo, poiché la produzione di feldspati comporta a sua volta un processo di raffinazione meccanica generalmente più complesso e impattante – per consumo, ad esempio, di piombo e argento – rispetto all’estrazione delle argille (presenti in percentuale più che proporzionale negli impasti per super-bianco a base di silicato di zirconio).
 

Ultimo, non secondario, aspetto, per riassumere i capisaldi dello studio, il tema dell’energia elettrica. Se dal punto di vista applicativo non si riscontrano differenze significative nella comparazione tra le diverse ricette (detta in altre parole, tutte le ricette considerate restituiscono risultati simili in termini di riduzione comparata dell’impatto ambientale), il diverso “modo” di produrre energia elettrica tra un paese e l’altro, con particolare riferimento ai luoghi dove insistono le attività di estrazione e raffinazione, può influenzare e non poco il risultato (vuoi per l’energia ricavata a sua volta da combustibili fossili, da fissione nucleare, da fonti rinnovabili).
Rappresentativo per l’Europa (l’analisi LCA non può non tenere conto della variabile geografica poiché deve includere i costi ambientali di trasporto della materia prima e tutti gli ulteriori parametri rilevanti come i mix elettrici dei singoli paese ai fini dell’IA) lo studio completo sarà a breve disponibile sul sito ZIA, dove già si possono scaricare i principali materiali e risultati di sintesi, e rappresenta la base per ulteriori pubblicazioni scientifiche da parte delle parti coinvolte (ZIA, thinkstep e Centro Ceramico) sulle riviste internazionali di studi di life cycle assessment.
Per i produttori di ceramica, si tratta di un altro importante tassello nella definizione di una certificazione EPD (enviromental product declaration) per le superfici ceramiche.
 


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