Confindustria Ceramica

Copertina Libro CEDAM_Baccarani20   Ottobre   2014

1985, odissea della ceramica: come siamo usciti da quella crisi

In occasione del 50° anniversario dell’Associazione, ripercorriamo le ragioni del successo, le peculiarità e le capacità di affrontare la crisi del settore ceramico italiano attraverso scritti e pubblicazioni. Di seguito l’introduzione del libro “Profilo di maturità di un settore: struttura e strategie” di Claudio Baccarani, Edizioni CEDAM (1985). Ringraziamo l’Editore e l’Autore per la concessione.

L’ industria delle piastrelle in ceramica per pavimentazione e rivestimento sta attraversando un periodo di crisi iniziato, grosso modo, con il 1980 e contraddistinto da una fuoriuscita di imprese e di unità produttive, da una riduzione della base occupazionale e da una sostanziale riduzione delle disponibilità (cash flows) derivanti dallo svolgimento delle coordinazioni produttive.
Non v’è dubbio che questa constatazione riveste un carattere generale, poichè nel gruppo delle imprese che formano il settore si ritrovano anche organizzazioni in fase di sviluppo, caratterizzate dalla realizzazione di buoni margini di remunerazione del capitale investito, ottenuti grazie alla capacità di ricercare nelle “minacce ambientali” ogni possibile “opportunità”.
Con tutto ciò resta vero che, da un punto di vista generale, il settore si caratterizza per una crisi nella quale è in atto la ricerca di un nuovo stato di equilibrio. Tale condizione trova le sue origini essenzialmente in due fattori connessi, da una parte, ai mutamenti intervenuti nella dinamica della domanda, dall’altra al rapporto esistente tra la domanda stessa e la capacità produttiva installata.
Per quanto riguarda il primo dei due fattori indicati si osserva che il ciclo di vita del settore, tracciato sulla base dell’evoluzione della domanda, non presenta più i connotati della crescita, bensì quelli della maturità, con una marcata tendenza al raggiungimento di uno stato di saturazione.
In questo contesto si inserisce il rapporto esistente tra il livello della domanda e la capacità produttiva installata. Da questo punto di vista, si denota l’esistenza di una condizione di eccedenza di capacità produttiva - valutabile in termini reali ai 90-100 milioni di mq anno, corrispondenti al 25% circa della capacità produttiva disponibile - che inasprisce ancor più il confronto concorrenziale, già di per sè serrato in funzione del raggiungimento dello stadio di maturità del settore. (...)
 

Questo carattere di maturità del settore consegue, in massima parte, dal raggiungimento di quelli che possono ripetere i tipici mercati delle piastrelle in ceramica, cioè aree ad alto reddito ed a “cultura” ceramica, caratterizzate da dinamiche edilizie ormai stabilizzate, anche in funzione del contenimento demografico.
In minima parte il fenomeno dipende da una riduzione di competitività nei confronti dei produttori esteri di piastrelle in ceramica e segnatamente dei produttori spagnoli, che hanno raggiunto livelli qualitativi sia tecnico-ceramici che estetici di tutto rilievo e si affacciano sui mercati esteri tradizionalmente utilizzatori di prodotti italiani.
Pur nella migliore delle ipotesi è, tuttavia, prevedibile che il possibile incremento di domanda difficilmente potrà riassorbire tutta l’attuale eccedenza di capacità produttiva.
D’altra parte nel mercato si è sempre espressa. E continua ad esprimersi una competitività fondata soprattutto su innovazioni nella tecnologia dei processi che, in virtù delle modalità di diffusione delle innovazioni all’interno del settore, tende a generare un aumento di capacità produttiva nonostante la fuoriuscita di unità dal mercato.
Almeno temporaneamente potrebbe, quindi, persistere lo stato di squilibrio tra capacità produttiva e domanda, indipendentemente dai mutamenti che potranno manifestarsi nel comportamento di mercato delle imprese. Questo significa, comunque, che nel medio periodo, in un mercato dai chiari contorni polipolistici, il riequilibrio tra domanda ed offerta interverrà tramite ulteriore espulsione di unità produttive dal settore.
Questa riduzione di capacità si manifesterà, con ogni probabilità tra le imprese che combinano una ridotta efficienza, cioè bassi livelli di produttività ed economicità, con una scarsa efficacia mercatistica espressa dall’assenza di politiche di segmentazione del mercato e di differenziazione dei prodotti sulla base di un orientamento al soddisfacimento dei bisogni ceramici.
Questo “aggiustamento” fisiologico potrebbe non intervenire a due condizioni. L’una che le imprese godano di così ampi margini sui costi da poter sopportare cospicue riduzioni di prezzo. L’altra che intervengano meccanismi di “sopravvivenza forzata” legati ad interventi a carattere assistenzialistico. La seconda è augurabile non si realizzi, onde impedire che la presenza di organizzazioni con strutture tecnico-economiche marginali possa falsare il “gioco concorrenziale”, al punto tale da provocare la fuoriuscita di imprese strutturalmente sane, ma congiunturalmente squilibrate dal punto di vista finanziario. (...)
 

Dal punto di vista delle scelte strategiche, il quadro di riferimento mercatistico che si presentava sostanzialmente stabile nell’ambito del citato processo di crescita, indusse il decisore d’impresa ad optare per un orientamento alla produzione, che generò strutture organizzative efficienti (ed anche efficaci) per un contesto ambientale contraddistinto da uno spiccato carattere di stabilità. La continua che caratterizza, però, oggi l’ambiente nel quale le imprese si trovano ad agire ed il connotato strutturale che questa instabilità ha acquisito pongono in rilievo le difficoltà che queste strutture manifestano nell’esprimere un’efficacia organizzativa. Se si associa, infatti, il concetto di efficacia organizzativa alla capacità dell’organismo aziendale da adattarsi al mutamento ambientale, quindi alla possibilità di esprimere una managerialità, si coglie il carattere elementare di queste strutture organizzative.
Si tratta, in effetti, di strutture altamente specializzate con ruoli limitati e ben precisati, contraddistinte da uno spinto carattere meccanicistico ed adatte ad operare in un ambiente caratterizzato da condizioni di stabilità. Sono strutture scarsamente dotate di una capacità di monitoraggio dei cambiamenti, cosicchè si registra un appiattimento nell’interpretazione del divenire delle variabili che determinano le dinamiche settoriali.
Appiattimento diffuso in larga parte del settore in conseguenza della similarità delle strutture organizzative, che costituitesi per imitazione dispongono della medesima strumentazione analitica d’interpretazione del contesto ambientale nel quale operano. Strumentazione del tutto semplificata che non consente di superare l’orizzonte del breve periodo, nè di percepire e decodificare i mutamenti ambientali in funzione di una ricerca delle competitività nelle modalità endoaziendali di combinazione dei fattori di produzione.
In questa cornice, le imprese, dotate di un’apertura organizzativa di tipo stabile o reattivo, decidevano in merito agli adeguamenti di capacità produttiva non tanto in funzione di ciò che prevedibilmente si sarebbe realizzato nel settore, bensì in funzione di ciò che era accaduto nell’immediato passato.
L’eccedenza di capacità produttiva che gradualmente si determinò a seguito dell’inavvertito rallentamento nel tasso di crescita del mercato comportò un inasprimento della concorrenza, rispetto al quale si formulò una risposta strategica di tipo esclusivamente efficientistico, volta al contenimento del costo di produzione sulla base del convincimento che l’eccedenza di capacità produttiva avesse una natura esclusivamente congiunturale. In questo modo si finì per privilegiare gli oneri di fermata in luogo di quelli di magazzinaggio, scelta che portò ad accumulare ingenti scorte nei piazzali degli stabilimenti con il risultato di appesantire la gestione finanziaria ed avviare una “guerra dei prezzi” che indussero un drastico contenimento delle disponibilità. (...)
 

Nel settore delle piastrelle in ceramica non basta più produrre per vendere. Occorre vendere ciò che il mercato chiede in funzione degli specifici bisogni espressi dai diversi segmenti che lo costituiscono. Ma questo è possibile solo nel momento in cui il punto di partenza del circuito produzione - vendita sia il bisogno da soddisfare e non invece il prodotto da fabbricare. Solo in questo modo sarà possibile prospettare e sviluppare la più coerente gamma di prodotti ed attuare le più opportune politiche di marketing mix.
La capacità di sopravvivenza e sviluppo delle imprese del settore appare, quindi, decisamente collegata alla possibilità di “ridisegnare” le strutture organizzative su una base manageriale, dotando le imprese di una mentalità imprenditoriale orientata al mercato e di connotati organicistici, cioè di una capacità di interagire con l’ambiente nel quale operano.
La possibilità di governare il riequilibrio del settore è, quindi, direttamente connessa al superamento, da parte delle imprese, di un punto di rottura organizzativo nell’ambito di un processo biologico di crescita delle organizzazioni nel divenire settoriale.
Occorre, in altre parole, far sì che le strutture organizzative consentano l’espressione delle più adeguate strategie, disponendo di una maggiore capacità di percezione e decodificazione del cambiamento ambientale. Ed è questa una fondamentale scelta strategica, in base alla quale si definiscono e si modellano le strutture per conferire loro la capacità di autorigenerarsi.


NOTA
Claudio Baccarani (Mirandola, 10 aprile 1948), laureato in Economia e Commercio all’Università degli Studi di Padova, è professore ordinario presso l’Università di Verona dal 1990. Ha al suo attivo oltre 150 pubblicazioni.