Confindustria Ceramica

Diagnosi energetica_impresedi Thomas Foschini22   Maggio   2018

Diagnosi energetica,tra obblighi e opportunità

Le nuove previsioni normative impattano su tutto il settore, e non basteranno le stime, serviranno dati sui consumi reali

Entro il 2019, sulle imprese ceramiche torneranno le forche caudine del D.L. 102/2014, che all’art. 8 stabilisce l’obbligo di diagnosi energetica per le imprese con oltre 250 dipendenti e 50 milioni di fatturato. Occhio, perché sulla base del D.M. 21 dicembre 2017 l’obbligo scatta – a prescindere dalla dimensione aziendale – per tutte le imprese enervigore (incluse nel registro CSEA che consente di accedere ad importanti agevolazioni sul costo dell’energia elettrica) che superano un consumo energetico annuo pari a 1 GWh (a fronte dei 2,4 GWh fissati dal precedente decreto) e, sulla base delle nuove Linee guida emanate dall’Enea, la prossima diagnosi – a differenza di quella realizzata nel 2015 – non dovrà essere basata solo su stime, ma dovrà riportare dati di monitoraggio reali (campagne di misurazione e/o sistemi di monitoraggio in continuo).

L’audit secondo norma
Detta così, si tratta di un’altra grana per le imprese ceramiche – praticamente tutte rientranti nella nuova definizione di “imprese energivore” – che, per accontentare il legislatore, dovranno dotarsi di un certo numero di misuratori, con investimenti minimi anche superiori ai 10mila euro, e redigere un’apposita diagnosi sui tre ambiti previsti dalle sopra citate Linee guida, “processo produttivo”, “attività ausiliarie”, “servizi generali”.
Ebbene, il consumo elettrico del servizio mensa – per quanto irrilevante ai fini del consumo medio di un’azienda del settore – finirà molto probabilmente per essere passato al setaccio quale ambito essenziale ai fini della definizione del consumo dei “servizi generali”. Allo stesso modo, un sensore installato su una pressa di ultimissima generazione ne misurerà i consumi di elettricità, sorvolando magari sulle perdite di aria compressa della rete aziendale, responsabili, quelle sì, di immani inefficienze sotto il profilo dei consumi. Si tratta di casi limite: esistono chiaramente criteri ben precisi per definire i livelli di coperture dei dati misurati, eppure, i vantaggi per le imprese derivanti da una diagnosi energetica realizzata esclusivamente secondo norma, sarebbero probabilmente molto limitati.

“Diagnosi intelligente”, istruzioni per l’uso
Uno scenario, quello appena descritto, evitabile, qualora all’audit energetico secondo norma si affianchi una progettazione di diagnosi “intelligente”, cioè realmente utile, nel breve e medio termine, per recuperare efficienza e quindi competitività in azienda.
“Quattro anni fa – spiega l’ing. Barbara Mazzanti del Centro Ceramico – le imprese hanno visto introdurre l’obbligo da un giorno all’altro di produrre una diagnosi energetica. Inizialmente le richieste da parte del Ministero sono state abbastanza blande, per rispettare la legge era sufficiente produrre stime sui consumi energetici medi. Il punto fondamentale dei nuovi obblighi consiste nel fatto che dalla stima si passa alla misura, fermo restando l’obbligo di effettuare il monitoraggio ogni quattro anni. Questo ha prodotto grande fermento nelle aziende, chiamando a raccolta i fornitori di servizi – le ESCO – che forniscono sistemi di monitoraggio permanente dei consumi e di gestione dell’energia e, soprattutto, agiscono come enti certificatori del risultato”.
Vediamo come rendere questo investimento (inevitabile) anche utile e, in prospettiva, molto utile. “Il primo step – osserva l’ing. Mazzanti che, all’interno dello staff diretto dalla prof. Maria Chiara Bignozzi, lavora da anni al tema dell’audit energetico – consiste evidentemente nella lettura delle Linee guida aggiornate. Poi va stabilita la figura in grado di effettuare la diagnosi, non è più possibile affidarsi all’energy manager interno all’azienda ma occorre un vero e proprio Esperto di Gestione dell’Energia (EGE) che può essere messo a disposizione dalla ESCO”. Una di queste – Fedabo – collabora con lo stesso Centro Ceramico di Bologna per offrire, accanto ai servizi di consulenza, un vero e proprio “pacchetto” di interventi.

Audit energetico, investimenti ma (soprattutto) comportamenti
Perché tutto questo si traduca in qualcosa di realmente utile per l’impresa, spiega in ogni caso Mazzanti, “è indispensabile che la diagnosi sia impostata a partire dagli usi significativi dell’energia, il che si può tradurre, da una parte, in una richiesta di adeguamento impiantistico, ma molto più spesso, dato che molte delle nostre imprese sono già all’avanguardia sotto il profilo dell’innovazione, si traduce in una pura modifica organizzativa e/o comportamentale”.
Facciamo qualche esempio: spegni la macchina quando non serve, non lasciare le luci del magazzino accese la domenica, verifica le perdite sulla rete di produzione di aria compressa. Investimenti minimi, risultato massimo, se è vero – in base ai dati raccolti dal Centro Ceramico da diversi anni, clusterizzati e messi a disposizione dell’Associazione – ben il 23% degli interventi effettuati riguarda quest’ultimo aspetto (l’aria compressa), insieme ad un ulteriore 25% sulla (banale) installazione di sistemi di illuminazione a LED. “Solo il 10% degli interventi necessari sono, in media, legati alle attività principali, a conferma del fatto che tali investimenti sono stati effettuati dalle imprese per tempo”.

Energy management system e Fabbrica Ceramica 4.0

Il terzo step, dopo il rispetto della norma e l’individuazione di ambiti realmente significativi ai fini dell’ottimizzazione dei consumi, consiste nell’installazione di un vero e proprio sistema di gestione dell’energia coerente con i principi di Fabbrica Ceramica 4.0. Che significa? No, non occorre installare un nuovo supervisore di linea, quasi tutte le ESCO propongono sistemi aperti, capaci di integrarsi e dialogare con eventuali piattaforme esistenti.
Il punto è – osserva l’ing. Caterina Dentoni Litta di TEP Energy Solution, che propone la piattaforma di audit EIS, “Energy Intelligence System”– costruire un sistema specificamente progettato per monitorare le performance energetiche di un impianto, integrandole eventualmente con variabili produttive. Il fatto che sia stato inserito un obbligo di monitoraggio di dati reali, e non solo di stime, rappresenta un passo avanti molto importante, che contribuisce a creare consapevolezza. Eppure, affinché tale obbligo non diventi in qualche misura controproducente occorre fare un passo avanti, ossia progettare il sistema di audit e installare i misuratori laddove si hanno consumi energetici significativi; le stesse Linee guida di Enea sono state redatte in modo sufficientemente ampio e generale per consentire di modularle verso questo obiettivo, fermi restando i vincoli normativi”.

Audit energetico e dati di produzione
In sostanza, il fornitore di servizi effettua un sopralluogo e individua le utenze (elettricità, calore, ecc) significative da monitorare. “Spesso è estremamente utile inserire misuratori ulteriori, anche laddove non vige un obbligo specifico, e affiancare a questi dei misuratori di prestazione”. In altre parole, occorre capire se un forno o un frigorifero stanno consumando molto perché producono molto, oppure se stanno sprecando risorse. Tali dati grezzi, ecco l’utilità della diagnosi effettuata tramite uno specifico software di supervisione, verranno “elaborati ed aggregati in un report periodico messo a disposizione dell’azienda cliente”. Anche la stessa manutenzione programmata può essere “riprogrammata” laddove si evidenzi (è il caso tipico, osserva l’ing. Caterina Dentoni Litta) che questa venga effettuata in ritardo o in modo non conforme, causando sperperi più o meno rilevanti di risorse ed energia.
Storicizzare i dati aiuta. “È il cliente stesso che, dopo avere installato un sistema di questo tipo, si rende conto, sulla base di numeri e non di sensazioni, che occorre intervenire con correttivi in determinate aree. La cosa essenziale è abbattere la complessità, individuare tre o quattro variabili utili da monitorare e sottoporre a storicizzazione e a correlazioni statistiche. Un applicazione SCADA (controllo di supervisione e acquisizione dati) di per sé non dice nulla ai fini dell’analisi energetica, perché l’energia è un vettore che va sottoposto ad analisi specifiche, possibilmente incrociando dati energetici con dati di produzione”. E si tratta anche di centinaia di migliaia di euro all’anno, come dimostra il caso specifico di un’azienda ceramica, rivela Dentoni Litta, che ha monitorato i consumi del forno correlandoli banalmente al sistema di carico dello stesso.

Dalla 102 alla certificazione europea ISO 50001

Posto che – spiegano gli esperti – è lecito attendersi che le imprese del settore, almeno le più piccole, affrontino il tema della diagnosi energetica a partire dal minimo sindacale (l’installazione dei tot misuratori richiesti nelle aree previste dalla norma), un sistema abbastanza efficace per rendere l’audit energetico utile è quello di collegarlo, in prospettiva, all’ottenimento della certificazione europea ISO 50001 (“Sistemi di gestione dell’energia”).
La differenza con la norma nazionale sta tutta in una parolina, “significative”, con riferimento alle fonti energivore da monitorare. Via cioè la mensa aziendale e quant’altro contribuisce ai consumi in azienda per valori poco significativi e/o al di sotto del 5% del totale. Largo al monitoraggio degli usi significativi, appunto, rispetto ai quali una progettazione di audit energetico intelligente rappresenta già il primo passo – in sostanza, progettato in un certo modo l’audit conformemente alla 102 poi il passo verso la ISO 50001 è più breve – sino alla diagnosi della gestione della qualità, che è poi il nocciolo della certificazione europea, verso cui tutto il settore dovrà comunque muoversi entro qualche anno.

Cosa chiedono le aziende

Partendo dal presupposto che l’attività di monitoraggio dovrebbe essere già cominciata (la diagnosi deve essere prodotta entro il 2019 su dati 2018, con la “scappatoia” di effettuare il monitoraggio  prendendo a riferimento qualunque periodo “rappresentativo”, anche inferiore all’anno), cosa chiedono però le aziende ai fornitori di servizi? Anche in questo caso, i riscontri sono abbastanza concordi: anche le aziende più grandi, quelle già di per sé dotate di un sistema di supervisione e monitoraggio, chiedono un’attività di reporting e data analysis, perché mancano spesso sia una figura di riferimento in grado di gestire questa attività, sia il tempo di farlo; dall’altro ci sono quelle più piccole, per le quali l’audit energetico è un modo del tutto sconosciuto, ed altrettanto ne è la sua utilità.
Specificamente a questo ambito si rivolge la proposta di Edison che, con Smart Audit, ha fatto lo sforzo di creare un sistema sufficientemente modulare e flessibile per consentire anche alle medie imprese di entrare a pieno titolo nel mondo della diagnostica energetica 4.0. “Smart Audit – spiega l’ing. Fabio Spinelli di Edison – è in pratica una diagnosi digitalizzata. Il sistema raccoglie dati in azienda, li deposita sul Cloud, mentre tutte le analisi sono effettuate da remoto, dalla sede di Milano. Edison mette a disposizione dell’azienda sia la piattaforma software sia un Energy Manager temporaneo che, periodicamente, invia i report al cliente ed effettua attività di consulenza”.
Se Tep Solution non si avvale di un sistema proprietario – ad essere offerta è un’analisi benchmark dei software più diffusi e/o utili allo scopo – Edison propone una vera e propria piattaforma che però, anche in questo caso, “si caratterizza per un linguaggio aperto, ossia per la massima interoperabilità con altre piattaforme già presenti in azienda, purché a loro volta configurate con linguaggio aperto”.
Con oltre 300 diagnosi effettuate dal 2015 anche Edison – pur lavorando in ambiti tra loro molto diversi – ha costruito un database clusterizzato per settore. “Questo – spiega Spinelli – ci ha consentito di mettere a punto modelli e strategie sufficientemente specifici per proporre, assieme all’adeguamento normativo, ulteriori servizi a potenziale valore aggiunto per il cliente”.
Anche in questo caso, è utile qualche esempio: i famosi “certificati bianchi”, la cui procedura di ottenimento è stata resa decisamente più complessa nel corso degli anni, ma anche le varie “pratiche energivore”, possono essere fornite come servizio aggiuntivo rispetto al piano di monitoraggio ex D.L. 102. Più in concreto, anche Edison propone l’integrazione dei misuratori energetici con il monitoraggio di variabili strettamente produttive (dall’applicazione per la gestione degli allarmi oltre un determinato picco di consumi della macchina sino a un vero e proprio sistema Power Quality per stabilizzare l’erogazione della tensione elettrica).
Il punto, conclude Spinelli citando alcune grandi aziende clienti nel settore ceramico, è che non tutti si possono permettere di assumere un Ingegnere informatico dedicato all’audit energetico. “Semplificare la gestione e il controllo e stabilire precise correlazioni con i centri di costo è la nostra idea per tradurre l’obbligo normativo in opportunità anche per le piccole e medie imprese”.

Incontri al Centro Ceramico per saperne di più
Tra i prossimi appuntamenti per saperne di più in tema di audit energetico e, più in generale, sui temi ambientali, vi sono due incontri con le aziende organizzati il 14 e 21 giugno dal Centro Ceramico (programma e dettagli sul sito del Centro, www.centroceramico.it). In particolare, ad approfondire l’argomento della diagnosi energetica sarà l’incontro del 14 giugno, dal titolo “Le novità per l’efficienza energetica: dai Certificati Bianchi ai possibili scenari per l’industria ceramica”.
Mentre resta sullo sfondo una domanda, suggerita, quasi sottovoce, da tutti i protagonisti: “Vi siete mai chiesti quanto il consumo di energia incide davvero sul pricing prodotto?” Ma non in generale, “andando nello specifico sull’utilizzo di diverse materie prime, cicli di lavorazione, pressatura, decorazione, ecc. “Conoscere meglio questi aspetti potrebbe portare a rivedere i cataloghi, recuperando marginalità laddove possibile e/o spingendo su determinate tipologie di produzione più redditizie anche e soprattutto sotto il profilo energetico”. Un’opportunità, forse, a prescindere dalla dura lex con la quale tutto il settore sarà chiamato a confrontarsi nelle prossime settimane.